Review Party: Recensione di “Il labirinto degli spiriti” di Carlos Ruiz Zafòn

Daniel Sempere è ossessionato dalla morte della madre. Non è mai stato in grado di superarla, ne vive il tormento ogni giorni, senza riuscire a dare una motivazione logica, un significato, una spiegazione. Anche se è impossibile razionalizzare davvero un evento del genere. Vecchie conoscenze stanno per riemergere, persone che sono state ombre, protagoniste in altre vie, sotto lo stesso cielo di Barcellona. Tutte, però, in grado di aiutare il giovane a fare chiarezza sul suo mistero più grande.

Con “Il labirinto degli spiriti” Zafòn ha messo un punto definitivo alla serie del Cimitero dei Libri Dimenticati, con un romanzo che, posso subito dichiararlo, rappresenta un degno finale per una delle saghe che mi rimarranno per sempre nel cuore.

Un’opera contenente una storia che affonda nelle radici di una città e di una famiglia, tirandone fuori aspetti nostalgici ma sempre più inquietanti, che aiutano il protagonista a fare luce su qualcosa di cui ha visto soltanto il buio. La concatenazione di eventi creata dall’autore è sempre più coinvolgente, in un intreccio sorprendente ed emozionante, che porta in un attimo verso la fine.

Zafòn ancora una volta è riuscito a creare una trama ben congegnata e ricca di particolari, che ingarbugliano e infittiscono i pensieri del lettore, che rimane irrimediabilmente catturato da ciò che sta leggendo, perdendosi in una rete di avvenimenti in cui solo l’autore sa come uscire. Affidandosi a lui, si vive un’esperienza senza precedenti, tornando a fare ordine nella storia con una conclusione che ti lascia in balia dei sentimenti, rendendo davvero faticoso tornare alla realtà sapendo che non ci sarà altro dopo.

Una storia che merita di essere vissuta dall’inizio alla fine, passando di libro in libro, concedendo alle parole il potere di cambiarci interiormente.

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