Review Party: Recensione di “Nella buona e nella cattiva sorte” di Marina Di Guardo

Irene è convinta di avere finalmente una vita soddisfacente e completa. Ma il lavoro perfetto e una figlia adorabile vengono in qualche modo messi in secondo piano da Gianluigi, un marito che usa la violenza per dialogare, senza possibilità di contraddizione e di opposizione.

Per questo, Irene prende il coraggio a due mani, scappando e portando la piccola Arianna nei luoghi che l’hanno formata, nella casa che racchiude i suoi ricordi d’infanzia. Ma purtroppo non basta la fuga per ricominciare, perché l’uomo non le da tregua, minacciandola  e ricattandola.

Giungere alla pace e alla salvezza diventa un percorso più doloroso del previsto, per questo Irene dovrà farsi forza per giungere al futuro che tanto desidera, proteggendo sé stessa e la figlia.

Con uno stile scorrevole e forbito, Marina Di Guardo conduce il lettore in una vicenda purtroppo sempre attuale, quella che riguarda la violenza domestica e che macchia ancora troppo la società mondiale senza le giuste conseguenze.

La protagonista, Irene, riesce a trovare la forza per allontanarsi da una situazione ingestibile, per poi ritrovarsi in un vortice di eventi sempre più frenetici che la conducono a scenari che mai si sarebbe aspettata, macchiando la propria vita col sangue e il terrore di non riuscire a giungere al giorno dopo.

Ogni pagina scorre come una fotografia o un film ben girato, con delle tinte cupe e drammatiche che riempiono di angoscia il lettore, che segue la vicenda con il cuore in subbuglio e con la paura di girare la pagina e scoprire qualcosa di terribile.

L’autrice affronta la grossa difficoltà di una donna nel trovare la lucidità per fuggire da una vita che non le appartiene, fatta solo di umiliazioni e dolore, qualcosa che mai dovrebbe attraversare il quotidiano di qualsiasi persona.

“Nella buona e nella cattiva sorte” è un romanzo che risulta piacevole da leggere, se solo si ha lo stomaco forte per riuscire ad affrontare una realtà di cui non si vorrebbe mai sentir parlare.

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