Review Party: Recensione di “L’isola dell’amore” di Sarah Morgan

Dopo ben sette anni, Kimberley è costretta a tornare in Brasile e chiedere aiuto all’unica persona con cui aveva giurato di non voler avere più niente a che fare: Luc Santoro, uomo affascinante sempre a caccia del nuovo affare lavorativo su cui mettere le mani. Entrambi non hanno scordato la breve ma intensa relazione avuta e ora, per loro, è impossibile trovare un punto di incontro, per i troppi malintesi e incomprensioni. Ma per Kimberley, proteggere suo figlio va oltre ogni briciolo di orgoglio e sa che solo un uomo potente e influente come Luc può aiutarla e fare in modo che tutto vada per il verso giusto. Pur non credendo a una sola parola, soprattutto quelle che lo indicano come padre del bambino, Luc accetta di dare la cifra che serve a Kimberley, in cambio di una vacanza di due settimane sulla sua isola privata.

Spronata dal bel ricordo di “Il meraviglioso Natale delle sorelle McBride”, non ho battuto ciglio quando mi è stato proposto di leggere il nuovo libro di Sarah Morgan, “L’isola dell’amore”, che ho affrontato sperando di trovare tra le sue pagine una lettura coinvolgente che mi sapesse intrattenere e distrarre. Purtroppo, con molta delusione, devo dire che non è stato così, ma è comunque giusto mettere in guardia, soprattutto quando ci si trova di fronte a storie che contengono elementi retrogradi e molto fastidiosi.

Luc Santoro è uno dei personaggi peggio scritti nelle letture di quest’anno. Un uomo tossico, che non cede a compromessi, che crede di poter ottenere qualsiasi cosa grazie al suo impero economico e alla sua prestanza fisica e che farebbe cascare chiunque ai suoi piedi. Convinto di questo non ci pensa due volte nel ricattare una sua vecchia fiamma, Kimberley, anziché mettere da parte l’orgoglio “da uomo” e capire i motivi reali che l’hanno spinta a tornare da lui. La donna non viene vista come una persona in quanto tale, ma come lo strumento per dare sfogo a certe pulsioni, ignorando se il desiderio sia reciproco o meno. Per lui, ricattarla è solo un altro modo per tenerla sotto controllo, dando sfogo non solo a comportamenti rudi ma a una gelosia incontrollabile e ingiustificata. In tutto questo, Kimberley sembra non potere, o non volere, reagire, troppo impegnata a farsi abbindolare dal fascino del tenebroso bastardo di turno piuttosto che avere un briciolo di amor proprio. Questo è qualcosa che non solo ritengo umiliante per lei ma incoerente con la spinta iniziale dalla storia, data dalla sua preoccupazione nel tenere il figlio al sicuro ma al contempo abbandonato a sé stesso per le settimane di frenesia lontano dal mondo che i due passeranno. Non esiste logica nella sequenza degli eventi e una prova lampante è che la reazione di Luc alla scoperta di avere un figlio è che questa sia solo una bugia della donna per poter tornare nella sua vita e spillargli altri soldi, quando la reazione che si dovrebbe avere è andare a verificare con i fatti se il bambino esiste e se è proprio attraverso il test di paternità. Invece no, il nulla cosmico, solo loro due e le lenzuola hanno importanza. Ci troviamo di fronte a due persone che sono adulte solo per l’anno di nascita, ma che hanno atteggiamenti allucinanti e soprattutto infantili. Questo è dato anche dai dialoghi che rasentano l’imbarazzo della comunicazione, una sequela di imposizioni e abusi verbali che non devono essere tollerati da nessun lettore, nemmeno quando si tratta di opere di pura fantasia come questa. Esistono ancora, purtroppo, troppe storie che fanno passare per buoni certi concetti eticamente sbagliati e superati e ho trovato scioccante che Sarah Morgan potesse scrivere qualcosa del genere.

Se siete al vostro primo libro dell’autrice lasciate perdere e approfittate dell’atmosfera natalizia che ci inonderà a breve per leggere il libro pubblicato da Harper Collins l’anno scorso.

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