Review Party: Recensione di “Il gioiello della corona” di Paul Scott

L’India è il paese che è sempre stato definito “il gioiello della corona” da quando è finito sotto il controllo dell’impero britannico. Tra le bellezze tipiche che sono in grado di togliere a chiunque il fiato, è in corso però un clima di forte tensione dato dal desiderio degli indipendentisti di staccarsi dal governo dell’Inghilterra.

Qui, però, ha anche luogo un incontro magico, quello tra l’inglese Daphne Manners e l’indiano Hari Kumar. La differenza di etnia porta i due a dover nascondere la propria relazione nonostante i forti sentimenti. Quando però la donna viene violentata, questo viene preso dalle forze inglesi locali come pretesto per agire contro il popolo indiano, dando così inizio a una serie interminabile di drammi, lotte e ingiustizie che vanno a creare uno spaccato storico molto importante ma non così tanto approfondito.

Leggere “Il gioiello della corona” è stato davvero complesso e impegnativo. Fin da subito, l’autore immerge chi legge in un’atmosfera esotica e al tempo stesso di terrore e tensione, con descrizioni minuziose che necessitano di tutta l’attenzione possibile. Questo rallenta la narrazione ma al tempo stesso ne fortifica le fondamenta, perché delinea chiaramente il contesto storico di metà 900. L’intento di Scott è quello di creare una storia che possa denunciare ciò che a prescindere di negativo è successo in India in quel periodo, cercando di trasmettere quanto l’occupazione inglese sia stata ingombrante, tanto da limitare la libertà della popolazione locale, soffocandone la stessa cultura. Il suo infatti non è un romanzo volto a esaltare una parte piuttosto che l’altra, ma ha l’intento di mostrare l’umanità e le persone che hanno vissuto sulla propria pelle dolori indicibili. Paul Scott ha uno stile di scrittura accurato ed eccellente, grazie a cui ha creato un’opera commovente che sfida gli interessi politici per far emergere l’amore di cui tutti dovrebbero essere dotati.

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