Review Party: Recensione di “La figlia del peccato” di Emily Gunnis

Sussex, 1959. All’interno di un convento, luogo di pace e preghiera, prendono vita vicissitudini inquietanti che vanno oltre l’immaginario. Lo si osserva attraverso gli occhi e le parole vergate su carta di Ivy e si percepisce l’orrore impronunciabile che ha dovuto subire. Lei, così come altre donne e bambini. Come avere davvero la salvezza?
2017. L’agguerrita giornalista Sam trova e legge il contenuto delle lettere di Ivy e si pone come obiettivo di svelare al mondo tutti i retroscena. Ma spesso, più si va a fondo di una vicenda e più vengono a galla fatti inaspettati. E come fare a dimostrare la verità, quando quello stesso convento sta per essere raso al suolo?
A cavallo tra due epoche, Emily Gunnis è riuscita a tessere una storia sorprendente, ricca di tensione, colpi di scena ed emozioni contrastanti che lottano tra loro e fanno a gara per riuscire a emergere. Il lettore si trova di fronte ad un thriller magistralmente architettato, che nonostante sia disseminato di particolari scabrosi ha come obiettivo di tramandare la purezza dell’amore, un amore spropositato sotto ogni forma possibile che attraversa il tempo e diventa etereo, pronto ad illuminare anche la scena più cupa. Lo stile di scrittura dell’autrice è incredibilmente scorrevole e calamitante: in un baleno vi ritroverete dall’inizio della storia a metà, per poi arrivare all’epilogo senza quasi accorgervi. Non per questo il viaggio fila liscio: la preoccupazione è una costante in ogni capitolo, non si può fare a meno di rimanere col fiato sospeso e con il timore che gli avvenimenti accadano in un modo totalmente rovinoso per i personaggi, che sia questo già successo oppure no.
“La figlia del peccato” è un romanzo intenso, volto a denunciare situazioni di degrado date principalmente dal bigottismo sociale, che non fa altro che rovinare vite piuttosto che redimerle. Per questo entra in azione una donna figlia del suo tempo, che farà di tutto per imprimere nella memoria del presente ciò che nel passato doveva essere soffocato e gettato in un angolo buio. Forza e delicatezza si fondono in un desiderio di emancipazione che commuove e insegna a tenere sempre la testa alta, anche di fronte all’ingiustizia più grande.

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