Recensione: “Il cadavere e il sofà” di Tony Sandoval

« E tutto era iniziato a causa del biglietto che avevo trovato nel suo sofà… »

Gli incontri migliori sono sempre i più casuali e imprevisti.
L’estate di Polo scorreva silenziosa e solitaria proprio come il suo paese, Esperanza, bloccato nel tempo e in un luogo indefinito. Finché un giorno, come portata dal vento, compare Sophie. Il ragazzo non sa cosa possa spingere una ragazza bella come lei a parlare con uno come lui, trova inspiegabile l’attrazione che giorno dopo giorno si instaura tra i due.  


“Hai mai pensato che i difetti rendano le cose più interessanti?”
Lui è un ragazzo curioso, grande osservatore, con l’unico scopo di stare il più possibile fuori casa ed evitare gli sguardi fissi di chi lo ritiene strambo. Lei veste sempre tinte dark, lenti scure, unghie smaltate di nero. Il suo libro preferito parla di lupi mannari, proprio per questo si definisce “una tipa stramba”. Tutto passa in secondo piano, trascorrono il tempo sul divano di Sophie scoprendosi e rivelando la propria vita l’uno all’altra; come sottofondo i 180 canali della sua televisione.
L’estate finalmente prende una piega inaspettata; ma i giorni passano, la partenza di Sophie è imminente e il corpo di Christian è lì, abbandonato in un terreno sotto gli occhi di tutti.
Perché nascosto nel sofà della ragazza c’è un biglietto firmato dall’amico di Polo?
Amore e mistero si intrecciano, i segreti vengono a galla. Tutto alla fine coincide e fa il suo corso, come quel cadavere che continua a putrefarsi.
Tra dialoghi semplici ed essenziali e disegni realizzati con maestria e cura, Sandoval mostra come amore e morte possano andare tragicamente di pari passo e come, nella loro opposizione, rendano la vita a maggior ragione intrigante. Basta soffermarsi sui piccoli particolari, su un rubinetto che perde acqua, sui difetti che rendono le persone più interessanti.




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