Recensione: “Oblivium” di Martina Battistelli

« Tutto ciò… che l’uomo tocca sfiorisce. Ogni cosa. Ed è sempre stato così. Dall’inizio dei tempi.
Perciò perché provarci?Perché provare a vivere, essere felici, o almeno tentare di esserlo, se tutto quello che ci aspetta è soltanto miseria, dolore e morte? »

Un comportamento altezzoso e freddo, spesso nasconde una vita piena di difficoltà e priva di amore. Questo è ciò che rappresenta maggiormente la quotidianità di Alice Jackson, ragazza ricca e molto popolare nella sua scuola. Dietro tutta questa apparenza e all’assenza della madre in carriera, però, Alice si sente quasi in trappola; quando la giornata giunge al termine corre dritta verso il suo centro del mondo: la sorellina Annie l’attende sempre per la sua lettura preferita prima di andare a dormire.

Quando tragicamente questo sottile equilibrio si spezza, Alice decide di trasferirsi altrove. Questo cambiamento la porterà a fare nuove conoscenze e a scoprire le proprie capacità paranormali ereditate dagli Ultimi: persone con poteri costrette a nascondersi in speciali istituti per imparare a controllare e affinare le loro abilità.

Da diva a paladina della giustizia, Alice prenderà a cuore le sorti di questa Dinastia per impedirne l’estinzione, anche se questo comporterebbe la rinuncia dei suoi poteri.

“Oblivium” è un inno alla trasparenza d’animo. Dentro alle sfumature urban fantasy dell’ambientazione, c’è un cuore pulsante d’innocenza, sincerità e spensieratezza. Raggiungerlo, cambierebbe la vita della protagonista, trasformando il velo freddo del dolore in una luce calda e piena d’amore.

Martina Battistelli infonde nelle sue parole lo stesso amore di cui Alice ha bisogno. La lotta per raggiungere la felicità è faticosa, ma il traguardo vale la pena delle lacrime versate.

Questo primo libro è l’esordio di una storia originale, emozionante e che sa come non deludere il lettore.

Ringrazio l’autrice per avermi dato modo di leggere la sua opera, spero di poter proseguire la lettura delle avventure di Alice molto presto!



Recensione: “Dov’è Alice?” di Stefania Siano

« Non ce l’avevo con te, ma con il mio coinquilino noioso e musone. Sai anche tu sei noiosetta e musona. Parlate tutti e due di razionalità, ma lo capite che la razionalità uccide la vita e la mente? »


“Dov’è Alice?”

Arianna è tormentata da questa domanda e dai ricordi dell’infanzia andati misteriosamente perduti. Si aggrappa solo a lei, alla sorellina di porcellana che suo padre le costruì anni addietro per farla sentire meno sola.

Alice è speciale, è una bambola vivente: mangia, pensa, ride e piange.

Il loro legame va ben oltre il rapporto giocattolo-padroncina, per questo Arianna è determinata a trovarla, attraversando su un Tartabus Città dei Sogni, in compagnia dei suoi due più cari amici.

Fino a che, un giorno, giunge in città un misterioso circo…

Stefania Siano è riuscita a tessere una deliziosa favola, con qualche rimando al classico di Carroll, che unisce l’innocenza fanciullesca a momenti cupi e tristi, quelli che vorremmo evitare ad ogni bambino, incapace di comprendere davvero ma con in mano le soluzioni più ovvie ai problemi.

Una nota di merito per Paola Siano, che è riuscita a conquistarmi al primo sguardo, con la sua semplice ma attraente copertina (e la meravigliosa illustrazione del Tartabus. Adorabile!). 
Il fascino legato a questa storia, è dato in particolar modo dall’ambientazione creata, un misto tra fantastico e futuristico. Tutto, qui, può accadere, ma la piccola Arianna dimostrerà una forte volontà e coraggio in mezzo alla Discarica dei Ricordi e nella Periferia Dormiveglia, in compagnia della Vecchia Sdentata e all’interno dello Zuccherificio, che chiede come compenso le risate previste durante la vita di un essere umano. 
Personalmente, è proprio questo luogo che mi ha maggiormente colpito; si può riassumere con questo breve dialogo:

“Per questo i clienti di prima erano così tristi?” chiede Leo.

“Sono affezionati” risponde un po’ indignato il negoziante, offeso dalla considerazione.

Il finale è qualcosa di inaspettato; la conferma del talento di una scrittrice al suo debutto che non si è lasciata condizionare da ciò che la circonda: ha permesso che la sua immaginazione scorresse, attraverso le parole, e giungesse ai lettori facendoli tornare bambini.

Infatti, per quanto la storia sia ispirata ad Alice nel Paese delle Meraviglie, non si appoggia totalmente ai riferimenti, anzi: questi vengono disseminati come piccoli fiocchi di neve nel corso della lettura, rafforzando una base di per sé solida e funzionante, senza imporsi troppo né calpestandola.

Questo libro è una storia per tutti, che insegna a non smettere di sognare ed arrendersi totalmente alla realtà.