Review Party: Recensione di “Il monaco che amava i gatti” di Corrado Debiasi

Kripala ha ora tutta l’intenzione di lasciarsi ogni cosa alle spalle e partire per un lungo viaggio. La sorte lo condurrà in India, una delle patrie più note per i cammini spirituali, un luogo suggestivo in grado di cambiare interiormente una persona.

L’uomo, però, finisce subito col perdersi tra un dedalo e l’altro, che lo porteranno su una via inaspettata capace di fargli cambiare prospettiva. Dolore e insicurezze vengono sostituiti dalle parole confortevoli di coloro che troverà sul suo cammino, che lo riempiranno di speranza, saggezza e positività per il futuro. L’incontro decisivo sarà quello col monaco Tatanji, colui che nella zona è conosciuto per i gatti di cui si circonda, che insegnerà a Kripala il vero significato della felicità.

Con una particolare cura per la cultura zen indiana, Corrado Debiasi tesse un romanzo che ha il pregio di trasmettere una filosofia orientale che spesso non viene compresa, attraverso una trama in cui tutti si possono immedesimare. Chi non ha mai provato sconforto almeno una volta nella vita? Come si affrontano i periodi più bui? L’autore prova a dare una personale risposta attraverso un’opera che scalda il cuore e nutre la mente, facendo nascere delle riflessioni sul proprio quotidiano.

La narrazione ha una scorrevolezza incredibile, rendendo la lettura veloce come bere un bicchiere d’acqua ma al tempo stesso lasciando tracce di sé anche dopo la conclusione. Debiasi non ha la pretesa di diventare un guru per i suoi lettori, ma il libro da lui scritto riesce nell’intento di curare preoccupazioni e negatività, parlando al pubblico come di fronte a un caro amico.

“Il monaco che amava i gatti” è un libro prezioso, perfetto per fare una pausa da tutto e dedicarsi solo a sé stessi, migliorandosi viaggiando attraverso l’immaginazione e le parole scritte cariche di significato.

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