Quale piacevole fatica s’insinua nella scrittura

Anche per quest’anno, il caldo e l’influenza estiva sono riusciti a mettermi al tappeto. 
Il peggio è che, dopo un mese di spensieratezza, torno a passare le mie giornate in solitudine. Una quotidianità che mi sta stretta, anche se periodicamente sento l’irrefrenabile voglia di chiudere tutto il resto all’esterno. Il silenzio diventa assordante: affolla la mia mente tormentandola, senza riuscire a placare il terrore del tempo che scorre e la marea dei desideri inespressi che mi consuma ancor prima dell’inizio.
All’apparenza, non vedo alcun rifugio.
Nemmeno nella scrittura, né tanto meno nella lettura.
Capisaldi di una vita, che negli ultimi anni hanno insinuato il dubbio molto più della gratificazione. Ciò accade perché c’è una mancanza in questo piacere: il riscontro a lungo agognato.
Capita quando si vuole trasformare la passione in qualcosa di più: le pulsioni sono semplici e potenti, ma sul lungo periodo possono non bastare. Presto è necessario “buttare il sangue”, colpire il muro con la testa più e più volte e poi piangere di fronte all’abbagliante bianco di una pagina vuota.
Anche solo metaforicamente parlando.
Così è, anche per i migliori.
Scrivere chiama l’amore. L’amore accompagna l’ispirazione.
Continui a ripetere il solito mantra: “Make a good art”. Fai buona arte, fai buona arte.
L’incomprensione dei molti diventa, così, una sfida personale.
Ma prima o poi si cade nella spirale dello sfinimento; il non sentirsi mai abbastanza per la meta. Sembra quasi di toccare il fondo, ma in realtà non si sente mai la fine sotto i piedi. E si cade, ancora. Si cade, nonostante l’impegno. Si cade, nel silenzio.
Sarebbe meglio perdersi o cadere?
In entrambi i casi, alla fine, nell’esatto punto in cui manca l’energia e il buon proposito, trovo sempre lo strumento per rialzarmi. Osservo il cielo da un’altra prospettiva e respiro l’aria da un posto diverso. Chiudo gli occhi, sto in silenzio e ascolto.
A quel punto, qualcosa cambia.
Non sento il bisogno del sonno, o delle distrazioni, ma di trasformare il mio mondo buio in un dono.
Allontano quel luogo di sconforto, sapendo che tra me e lui non potrà mai esserci un addio. 
I social la chiamano “relazione complicata”.
Così, parte tutto come se fosse un gioco.
Il tempo continua a scorrere, ma non è più perso. I desideri giungono ai lati della mente come una baraonda, ma cortesi si presentano e si propongono.
Sospiro, riordino, appunto.
Viaggio, stando ferma.
La meta? Incerta, come ogni volta.
La lettura? Aiutante insostituibile.
La scrittura? Il culmine della stimolazione della mente. Un punto lontano, faticoso da raggiungere, che spesso viene mancato. Ma quando si trova, ci si ricorda del piacere unico che sa infondere.
E non è come una pagina bianca: non si può tradire, non si può dimenticare.
Lei non tradisce, lei non dimentica.
Accompagna nel mezzo del cammin delle proprie idee.
Fino alla prossima volta in cui il buio tornerà a bussare.

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