A Party with Stephen King: Recensione di “L’acchiappasogni”


« Non sappiamo quali saranno i giorni che cambieranno la nostra vita. Probabilmente è meglio così  »

Con oggi si conclude “A Party with Stephen King”, l’evento volto a celebrare le opere del Re riedite da Pickwick in una nuova e bellissima veste grafica.
Stephen King è uno di quegli scrittori che figurano nel mio pantheon dei mentori: l’ho sempre ritenuto un uomo dalla mente brillante e affascinante, controverso e in un certo senso dannato.
King è un autore che è stato in grado di farsi conoscere praticamente in tutto il mondo, nonostante il rapporto con ognuno sia unico e schierato da una parte piuttosto che l’altra: o lo si ama o lo si odia.
Non sempre è riuscito a coinvolgermi, ma nutro un profondo rispetto per il suo lavoro e dedizione.
Quello di cui vi parlo oggi è un libro di cui piuttosto raramente si parla: L’acchiappasogni, adattato per il cinema nel 2003.
Per l’opinione pubblica è una delle sue opere meno riuscite, forse perché scritto durante il periodo di convalescenza successivo all’incidente stradale del 1999, che lo segnò profondamente.
Come con lo scrittore, anche con il terrore ho un rapporto altalenante. “L’acchiappasogni” è giunto a me in un periodo in cui desideravo ardentemente scacciare la negatività, proprio come l’oggetto del titolo del libro si dica che faccia con gli incubi.
Il risultato è stato soddisfacente e sicuramente del tutto inaspettato, in quanto ero convinta di addentrarmi in determinate atmosfere per venire catapultata in tutt’altro.
Ci troviamo a Derry, nota città dei libri ben più apprezzati It e Insomnia. Duddits, affetto da sindrome di Down, viene salvato da Henry, Jonesy, Beav e Pete, a cui decide di fare un dono speciale: il potere di “vedere la riga”.
Questi quattro si ritrovano ogni anno, fino all’età adulta, per una caccia al cervo nel Maine. Ma quando alla loro baita giunge un uomo apparentemente bisognoso d’aiuto, le loro esistenze si trasformano in un vero e proprio incubo.
“L’acchiappasogni” fa chiaro riferimento all’inquietudine provata nel guardare certi episodi di “X-Files”: l’elemento paranormale, però, non è il fulcro della storia, ma piuttosto lo è il forte legame d’amicizia che va oltre il tempo e affronta una sfida importante come la lotta tra il Bene e il Male e la cui chiave è rappresentata dal piccolo acchiappasogni del rifugio. 
La bellissima e contemporanea serie tv “Stranger Things” ha molto di questi elementi, ed è proprio sul fattore nostalgia che ha puntato il meritato successo. 
Fantascienza e horror si amalgamano alla perfezione per creare una storia intensa e dolorosa narrata attraverso gli occhi di personaggi realistici e ben costruiti, con cui non si può non essere empatici.
Non è un libro per tutti, specie per chi non riesce a digerire scene particolarmente scabrose. Ma sicuramente un libro sorprendente e meritevole di essere letto, che può fare da punto di partenza per opere sicuramente più note ed eccelse.
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