Recensione: “Alice nel Paese delle Meraviglie”

« Non ho mai dato retta alla vocina nella testa. Ma stavolta… vorrei averlo fatto. »
Provate a pensare alla storia di Alice.
Sarà per la noia, sarà per l’innocente curiosità di bambina; ma un bel giorno, insegue un coniglio e cade nella sua tana. Ecco che da quel momento inizia per lei un’avventura incredibile, attraverso luoghi bizzarri, in compagnia di creature stravaganti. 
C’è chi ricorda la sua storia con nostalgia, con risate e divertimento. Difficilmente si pensa alla paura di una bambina costretta ad allungarsi e rimpicciolirsi, alle lacrime che ha versato, alla pazzia dei personaggi grotteschi che ha conosciuto.
Sono tante le rivisitazioni dei “senza tempo” e Alice non è un personaggio da meno. Basti pensare al lungometraggio della Disney del 1951, o il più recente “Alice in Wonderland” del regista Tim Burton. Diverse interpretazioni di una storia classica e sempre godibile.
Questo fumetto non è da meno: una versione “Dark pop” del romanzo di Lewis Carroll.
L’Alice che si trova qui è diversa da quella del libro e allo stesso tempo molto simile. E’ innocente, come tutti i bambini, si fida dei suoi nonni a cui vuole bene. Ma non sa che la sua famiglia nasconde un terribile segreto; proprio questo la porterà a finire nel Paese delle Meraviglie, dove cresce e cerca di sopravvivere. 
Tutti i personaggi più famosi e conosciuti sono lì, pronti a catturarla o a salvarla dal crudele destino a cui è condannata. Nel Paese delle Meraviglie sono tutti pazzi, ma ogni pazzia ha la sua origine e chiunque porta con sé il peso di un difficile passato.
L’horror e lo splatter contribuiscono a trascinare il lettore in un incubo che pare non aver fine, l’atmosfera d’inquietudine viene portata all’estremo. Il tutto accompagnato da disegni graffianti e tendenti all’orrido. Grazie al talento di Raven Gregory e Robert Gill questo classico della letteratura ha un nuovo tributo.
Il Paese delle Meraviglie non è mai stato così interessante e così malvagiamente insidioso.

Recensione: “Il cadavere e il sofà” di Tony Sandoval

« E tutto era iniziato a causa del biglietto che avevo trovato nel suo sofà… »

Gli incontri migliori sono sempre i più casuali e imprevisti.
L’estate di Polo scorreva silenziosa e solitaria proprio come il suo paese, Esperanza, bloccato nel tempo e in un luogo indefinito. Finché un giorno, come portata dal vento, compare Sophie. Il ragazzo non sa cosa possa spingere una ragazza bella come lei a parlare con uno come lui, trova inspiegabile l’attrazione che giorno dopo giorno si instaura tra i due.  


“Hai mai pensato che i difetti rendano le cose più interessanti?”
Lui è un ragazzo curioso, grande osservatore, con l’unico scopo di stare il più possibile fuori casa ed evitare gli sguardi fissi di chi lo ritiene strambo. Lei veste sempre tinte dark, lenti scure, unghie smaltate di nero. Il suo libro preferito parla di lupi mannari, proprio per questo si definisce “una tipa stramba”. Tutto passa in secondo piano, trascorrono il tempo sul divano di Sophie scoprendosi e rivelando la propria vita l’uno all’altra; come sottofondo i 180 canali della sua televisione.
L’estate finalmente prende una piega inaspettata; ma i giorni passano, la partenza di Sophie è imminente e il corpo di Christian è lì, abbandonato in un terreno sotto gli occhi di tutti.
Perché nascosto nel sofà della ragazza c’è un biglietto firmato dall’amico di Polo?
Amore e mistero si intrecciano, i segreti vengono a galla. Tutto alla fine coincide e fa il suo corso, come quel cadavere che continua a putrefarsi.
Tra dialoghi semplici ed essenziali e disegni realizzati con maestria e cura, Sandoval mostra come amore e morte possano andare tragicamente di pari passo e come, nella loro opposizione, rendano la vita a maggior ragione intrigante. Basta soffermarsi sui piccoli particolari, su un rubinetto che perde acqua, sui difetti che rendono le persone più interessanti.




Tu hai idea del perché un corvo assomigli ad una scrivania?

Respira.

Uno. Due. Tre.

Fai la tua scelta.

Scegliamo cosa mangiare alla mattina, come vestirci. Scegliamo cosa fare durante tutta la giornata. Scegliamo quando è il momento di dormire. Così via, fino al giorno seguente.

Semplice, pulito, lineare.

Poi ci sono quei periodi in cui scegliere diventa più difficile e tutto quello che desidereresti fare è scappare, vorresti che qualcun altro scegliesse al tuo posto. Vorresti non essere costretto a scegliere.
Ogni singola volta è un salto nel vuoto. Il fascino delle lontre sta proprio nel tenersi per mano, quando tutto è buio, senza lasciarsi andare. Così, in un istante, tutto è di nuovo più chiaro. Si arriva a capire che trovare il coraggio di scegliere nel momento peggiore può portare a qualcosa di incredibilmente migliore. Dal quel momento non importa quante altre volte si cadrà, perché si ha la certezza di rialzarsi, in un modo o nell’altro.

Questo blog nasce grazie alle scelte che ho fatto in questi ultimi mesi. È un modo per tornare alle origini, per riscoprire delle passioni che pensavo di aver perso. Un’opportunità di riscattarmi.

Sembrerebbe una follia, ma ogni scelta nel suo piccolo è folle. È quel pizzico di adrenalina che ti porta a ricercare, a fare domande a cui magari non potrai mai rispondere.
Giuro solennemente di inseguire idee, non preoccupazioni.